Sembra che l’ultimo film di Tornatore stia riscuotendo un enorme successo di pubblico e che persino il presidente della Repubblica, abbia avuto parole di apprezzamento al riguardo. In effetti, le atmosfere e il mistero sotteso al dipanarsi della vicenda sono avvincenti, anche se la struttura pecca, qua e là, di qualche ingenuità, con alcuni (fortunatamente pochi) particolari non del tutto credibili, o troppo prevedibili. Nel complesso, però, la storia è piuttosto avvincente, grazie anche alle sorprese e ai colpi di scena ben disseminati per l’intera durata della pellicola. Il film narra la vicenda di un raffinato collezionista d’arte e battitore d’aste, Virgil Oldman (interpretato dal grande Geoffrey Rush) coinvolto da una misteriosa giovane donna (l’olandese Sylvia Hoeks) nella valutazione del suo patrimonio di famiglia. Tutto qui? Direte voi. In un certo senso si, se non fosse che Tornatore inserisce nella storia, un avvincente mistero. Un espediente semplice ma abbastanza ben giocato al punto che, le quasi due ore e mezzo di narrazione, volano senza accorgersene, fino all’inevitabile ribaltamento del finale che, però, ormai tutti si aspettano. “La storia è semplice, ma non lineare” ha dichiarato lo stesso Tornatore, sottolineando che in effetti “è destinata a un pubblico vasto che dal cinema vuol essere incuriosito, sorpreso” e anche (aggiungerei io) intrattenuto. Ma perché tutti si aspettano, fin quasi dall’inizio del film, che la storia finirà in una qualche sorta di devastazione o tragedia? Primo (e più ovvio motivo) perché nessuno sospetterebbe un lieto fine “zuccheroso” in una storia piena di misteri e ambiguità. Secondo perché, il finale è già scritto, fin dall’inizio, nel carattere e nelle peculiarità (per non dire nelle ossessive manie) del protagonista e nel modo in cui viene presentato al pubblico. Virgil Oldman appare, infatti, da subito come un sessantenne misantropo (se non misogino), ossessionato dall’igiene a tal punto da indossare costantemente i guanti, anche quando mangia. Conduce inoltre una vita assai lussuosa ma molto solitaria ed è così spaventato dalle donne, da tenerle sempre a debita distanza, fino a quando, ad un certo punto, riceve un incarico telefonico da Claire, giovane erede, misteriosa, di una ricca famiglia. Claire non vuole incontrare Virgil, benchè voglia incaricarlo di stimare e inventariare le opere d’arte e d’antiquariato ereditate dai genitori. Vuole trattare il tutto esclusivamente al telefono, il che ovviamente scatena la curiosità di lui. Ma proprio la curiosità lo porta, dopo una serie di eventi, ad abbassare la guardia e ad interessarsi per la prima volta ad una donna che, ovviamente non potrà che sconvolgerli la vita. Ciò che tiene avvinto lo spettatore, a questo punto è linevitabile domanda: fino a che punto Claire sconvolgerà la vita di Virgil? Fino alla rovina di lui? Fino alla rovina di entrambi? Naturalmente il quesito sarà rivelato solo alla fine. Ma c’è un terzo motivo che rende il finale, almeno in parte, prevedibile. Ci sono, infatti, per l’appunto, disseminate qua e là, nella narrazione, delle ingenuità (o degli indizi voluti?) che fanno costantemente presagire il peggio. Il personaggio della giovane nana con il talento per i numeri, ad esempio, che appare per la prima volta, nel bar di fronte alla villa dove abita Claire e dove Virgil “bivacca”, all’inizio del film, per spiare gli eventuali spostamenti di lei. Chi sia, in realtà, questo strano personaggio, si capisce subito. E’ troppo lampante. Ciononostante, il film mantiene lo spettatore inchiodato alla narrazione perché, anche se per tutto il tempo intuiamo che ci sarà una catastrofe o una fregatura, non sappiamo di preciso quando arriverà, in che modo avverrà e quando saranno svelati i legami che sottendono e tengono insieme il film e che danno significato alla vicenda. Si può godere, inoltre, guardando questa pellicola, di belle immagini e bei dialoghi, un’ottima recitazione, curiosità storico/artistiche (come la ricostruzione del più antico automa della storia, opera di Jacques de Vaucanson, di cui Virgil trova gli ingranaggi) e splendide opere d’arte, in particolare i meravigliosi ritratti femminili di ogni epoca che il protagonista ha accumulato negli anni grazie alla complicità del suo socio (interpretato dal grande Donald Sutherland) e che si permette di contemplare solo rinchiuso nel caveau del suo lussuoso appartamento parigino.