Sarà perché, come dice Dostoevskij, “siamo tutti esuli dal nostro passato”, ma a me piace andare nei luoghi dove si respira la storia, così ho scelto di recente di visitare Bath (una cittadina del Regno Unito vicino a Londra), dove, sulla conservazione dei beni artistico-architettonici e dei parchi storici, la sanno lunga. Bath è città nota agli inglesi fin dal ‘700 per le sue terme romane (le preferite della regina Vittoria), ma negli ultimi anni attrae un nuovo tipo di visitatori, poiché sta diventando la location perfetta per i film in costume.
Tanto per citare un paio di esempi, hanno girato qui “Berry Lindon” di Stanley Kubrick (un vero capolavoro) e “La Duchessa”, film del 2008 del regista Saul Dibb con Keira Knightley e Ralph Finnes che si ispira alla biografia di Georgiana Spenser, duchessa del Devonshir, scritta da Amanda Foreman. Bath conserva una delle architetture georgiane settecentesche più belle, interessanti e soprattutto più ben conservate al mondo. Dico interessanti perché tutti i palazzi di nuova costruzione, sono stati edificati ad immagine esatta di quelli settecenteschi. Ma dico anche tra le più belle perché, per chi non lo sapesse, l’architettura georgiana equivale al nostro stile neoclassico (avete presente le ville Palladiane?).
E’ difficile, molto difficile, trovare a Bath un edificio moderno, in centro come in periferia (io sono riuscita a scovare solo un parcheggio a più piani per chi raggiunge la cittadina in auto). Anche i palazzi di recente costruzione sono stati appunto edificati con criteri e sembianze settecentesche. I parchi storici con piante secolari sono maestosi e persino per quanto riguarda le terme, oltre alle moderne spa, rigorosamente allestite all’interno di edifici storici, si possono visitare gli stabilimenti settecenteschi ricostruiti sulle fondamenta romane.
Se in Inghilterra non è poi così raro trovare oasi come queste (poiché i britannici tendono da sempre ad agglomerare fabbriche e industrie in poche zone ben circoscritte, ad alta concentrazione), in Italia, invece è pressoché impossibile. Per raggiungere le ville palladiane, come quasi qualsiasi altro capolavoro nel nostro paese, bisogna prima imbattersi in chilometri e chilometri di orride fabbrichette e palazzine abbondantemente sparse per tutto il territorio, anche a ridosso di splendidi monumenti come i templi greci della Sicilia. Fino agli anni 60/70, poi, non solo si costruivano scempi architettonici, ma i monumenti storici che intralciavano la costruzione di strade o palazzine, si buttavano giù o li si lasciava andare ad un tale livello di disfacimento che a un certo punto crollavano da sé.
Soprattutto se si trattava di abitazioni private (per quanto anche molto antiche) non c’erano grandi vincoli dettati dalle soprintendenze se non nei centri storici più noti e turistici. In Liguria, tanto per fare un esempio, a furia di costruire “schifezze moderne” e di lasciar andare in malora monumenti storici, alcune località si sono trasformate, nel tempo, in veri e propri assemblamenti di palazzine color cemento o “maron cachetta”. Faccio alcuni esempi.
Mi ricordo che, quando ero piccola, passando talvolta dal comune di Andora, vedevo degli archi molto alti e molto particolari. A domanda, mi risposero che quello era un acquedotto romano o per lo meno quel che ne restava. Le arcate erano (e sono tuttora) poche perché le altre le avevano buttate giù (o le avevano lasciare crollare da sé) per poter avere più spazio edificabile su cui costruire orride palazzine, discutibili villette e strade asfaltate per favorire il turismo e di conseguenza l’economia locale. Tutti gli adulti che (incredula di questa cosa) andavo interrogando mi confermavano, in effetti, di ricordare ancora quando in loco non c’erano che poche case e l’acquedotto romano si estendeva per qualche chilometro o giù di li. Adesso il comune di Andora è uno dei più brutti della Liguria con un’accozzaglia costruzioni di stili e colori, uno peggiore dell’altro.
Una delle pochissime ville ottocentesche (villa Laura) sull’Aurelia è puntellata da anni con putrelle di ferro perché ormai pericolante e quello che era il suo parco e divenuto un giardinetto pubblico lastricato con brutte imitazioni di lose grige e con quattro alberelli in croce, che costringono i frequentatori a contendersi le poche panchine che godono della loro ombra. Ma senza arrivare a questi estremi, sono molti i comuni della Liguria che possono vantare agglomerati di orrende palazzine con facciate piastrellate di maioliche degli anni 60 (neanche fossero dei gabinetti pubblici) letteralmente a ridosso di centri storici e “budelli” che di per sé sarebbero dei gioielli. Ogni volta che passo dal comune di Alassio o di Laigueglia (tanto per continuare con gli esempi), mi viene in mente Stefano Benni, quando scrive che uno va al mare e poi si ritrova in “camere con vista sulle camere con vista”. Parlo della Liguria perché è una regione che conosco piuttosto bene , ma anche certe località della costa romagnola o marchigiana non scherzano (Porto Sant’Elpidio tanto per fare un altro esempio).
Ciò che mi fa arrabbiare, tornando alla Liguria, è che basta passare il confine e sbarcare in Francia, ed è tutta un’altra musica. Qualche scempio è stato fatto anche lì, indubbiamente, ma in misura decisamente più contenuta e mai a ridosso delle località balneari. In Costa Azzurra i piani regolatori dei paesi costieri come, ad esempio, Menton, obbligano a tinteggiare tutti i palazzi di rosa (o di giallino nei centri storici) regalando un’uniformità di colore che già da solo risulta gradevole è rasserenante alla vista. I paesi sono ariosi caratterizzati da colori chiari e dalle passeggiate si può vedere il mare perché non ci sono ovunque stabilimenti balneari con cabinati in legno che ne impediscono la vista. Località bellissime come Antibes, vengono più che mai valorizzate dalle amministrazioni locali. Il Castello ad esempio è divenuto sede del Museo Picasso. Da noi al massimo ci avrebbero fatto un ristorante. E qui si aprirebbe un’altro capitolo.
Le località balneari nostrane che non possiedono un patrimonio storico architettonico, con siti e monumenti da visitare, offrono ben poco oltre il mare, le spiagge (quasi tutte private e costose) e tuttalpiù qualche concertino serale e due bancarelle sulla passeggiata. in Costa Azzura, invece, le abitazioni degli artisti del secolo scorso, sono state trasformate in case-museo, ci sono fondazioni d’arte ovunque , cinema, mercatini dell’antiquariato e del brocantage e ancora concerti di musica classica e jazz, anche al di fuori dei canonici festival stagionali e gruppi di lettura sulle panchine del lungo mare…Ad Antibes, dove la sanno lunga sulla qualità della vita, hanno addirittura un bar-museo dell’assenzio e del pastis che, per chi non lo sapesse, erano bevande molto più in voga nell’800 e che oggi, sono state rivalutate, ma d’altronde come già sosteneva il poeta latino Marco Valerio Marziale, “saper vivere con piacere il passato è vivere due volte”.
Immagine di Piliph Pierce: veduta panoramica di Bath – Il Royal Crescent