In piazza Duomo a Milano le aiuole non sono una novità. C’erano, come indica la foto d’epoca – Anni 20 – quando il monumento al re Vittorio Emanuele II di Savoia campeggiava al centro del sagrato, e i tram sferragliavano ai suoi lati. Poi, con l’incalzare dei decenni, delle amministrazioni civiche, degli eventi e delle ideologie politiche, la Piazza del Duomo ha perso le sue aiuole; l’unica superstite insieme col re rampante è stata respinta dall’altro lato del Duomo, verso il Palazzo Carminati – a sua volta protagonista di cambiamenti epocali: i milanesi più vecchi ricordano ancora le coloratissime e mobili réclame al neon che ne coprivano la facciata, rimosse.
Oggi, in prossimità di Milano Expo 2015, si torna a parlare di aiuole in piazza: “è prevista la realizzazione di due piccoli boschetti ai lati, mentre la grande aiuola centrale verrà sistemata con una sequenza di orti su vari livelli, dove troveranno posto grano, avena, segale, orzo e alcune specie aromatiche”. Così almeno al momento del concorso di idee per Expo 2015. Poi, Milano, sia pure capitale morale ed economica, è pur sempre Italia e dunque: “più boschetto, meno campagna in piazza Duomo. Meglio una sobria «quinta» di alberi, della sequenza di campi coltivati a rotazione. Il progetto dell’orto nel centro di Milano è stato rivisto e corretto nella triangolazione tra Comune, Soprintendenza e Comitato dei saggi”. E comunque, si smonti tutto finito l’Expo, come chiede il soprintendente Artioli. Vedarèmm.
La piazza del Duomo dovrebbe essere il biglietto da visita, il logo della città; su di essa affacciano: il “salotto di Milano”, la Galleria del Mengoni, da un lato; dall’altro il palazzo dell’Arengario degli architetti Portaluppi, Griffini, Magistretti, Muzio, edificato sul luogo dove si trovava la cosiddetta “manica lunga”, appendice del Palazzo Reale demolita nel 1936 per attuare la sistemazione dell’area del Duomo; i celebri portici. Del Palazzo Carminati s’è detto.
Purtroppo non sempre è così: eventi, manifestazioni ed esposizioni commerciali sulla piazza del Duomo, come ben sanno i milanesi, sono spesso occasione di polemiche più che attrattiva turistica e promozione dell’immagine cittadina.
Soprattutto dopo il tramonto (non sarà forse perché il tempio del Duomo è dedicato a Santa Maria nascente?), il sagrato diventa un luogo straniante, poco (a volte male) frequentato. I milanesi, quelli veri e quelli adottivi, abbandonano il “centro” e si spostano sugli assi viari che da lì si irraggiano verso le zone cool della città. La piazza diventa deserto. Letteralmente.
Malgrado tentativi di far “vivere” la nostra Piazza, non si può dire il successo sia arriso ai pur volonterosi amministratori che a più riprese ci hanno provato; la Grand Place di Bruxelles, o la Marienplaz cuore centrale di Monaco per dire (voliamo basso, non citiamo Parigi, Barcellona né Londra), sono di una vivacità imparagonabile rispetto la tristanzuola Piazza del Duomo milanese dopo una cert’ora.
Quando un luogo è condannato all’oblio, lo sarà per sempre? Dovremmo rassegnarci?
Credo di no. Certo non è seminando temporaneamente quattro erbette e due arbusti che tornerà a scorrere la linfa che animava la Piazza del Duomo d’antan, quando nei primi decenni del 1900 le auto a Milano tenevano la sinistra, come immortalano le stampe della preziosa raccolta Bertarelli al Castello Sforzesco; quella raccontata dai libri dell’impagabile libreria Meravigli, all’inizio dell’omonima via.
Occorrerà un respiro, per dirla col linguaggio del marketing e della comunicazione una visione del territorio urbano più cólta ampia e diacronica. Quella posseduta dai grandi architetti-urbanisti che nei secoli passati hanno ‘marcato’ Milano. E con lei la sua Piazza. Soprattutto adesso che la Madonnina ha ceduto il primo posto nella skyline meneghina.