Ho letto “La casa degli spiriti” di Isabel Allende (a mio parere il suo libro più bello) negli anni novanta. Fu un regalo per il compimento del mio venticinquesimo anno d’età e fu un libro talmente potente, per me, da scatenare la mia fantasia e stimolare il mio desiderio di scrivere.
Mi fu subito chiaro, leggendolo, che avevo per le mani qualcosa di speciale, in grado di riportarmi indietro nel tempo. Mi fece ripiombare all’epoca in cui mia sorella ed io assistevamo, da posizioni diverse, ad uno sgretolamento inesorabile e crudele della mia famiglia, che richiese anni di elaborazioni successive.
Leggendo il libro della scrittrice cilena, iniziai a comprendere che ogni famiglia, anche se all’interno di contesti e paesi diversi, nasconde segreti e tormenti. Avevo quasi avuto il dubbio, iniziando a leggere, che i personaggi non fossero inventati. Sembravano troppo palpitanti, per esserlo. Li sentivo uscire dalle pagine. I fatti storici di sicuro non lo erano. Parliamo ovviamente del colpo di stato e della successiva instaurazione della dittatura, in Cile, nel 1973.
La storia è quella della famiglia Trueba che, nell’arco di tre/quattro generazioni, a partire dai primi del ‘900, attraversa la vita portando con sé una vastità incredibile di esperienze, accadimenti, sentimenti ed emozioni. Ma non è poi quello che accade ad ogni famiglia? Basterebbe avere il tempo e la pazienza di volerlo scoprire. Siamo tutti, in qualche modo, figli della stessa madre e dello stesso padre. Cambia il tessuto sociale, l’epoca storica, la nazione, ma l’amore la sofferenza la voglia di vivere sono le stesse, così come lo sono anche le incomprensioni generazionali. Imprescindibili.
Il personaggio più interessante è il capostipite Esteban. E’ anche l’unico dei personaggi che non viene mai descritto fisicamente, come se non avesse un corpo ma solo un carattere ingombrante e dispotico. Di lui si dice solo che fosse “tutt’altro che un bel ragazzo”. E questo risulta curioso per una scrittrice capace di addentrarsi nei dettagli fino al punto di descrivere con minuzia il numero e la forma delle tacche di un pioppo necessarie a scalarlo fino in cima. Non mancano, invece, i sostantivi con i quali l’autrice lo caratterizza: l’orgoglio, la rabbia, la determinazione, e l’ostinazione. Il suo ingresso in scena rappresenta uno slancio indispensabile, un getto di linfa potente e vitale che “feconda” la storia con accadimenti tumultuosi.
Rude, ostinato e villano, capace di mettersi contro tutto e tutti (cosa che gli costerà la perdita degli gli affetti più cari), Esteban è un uomo capace solo di lavorare sodo e di “spintonare” la sua famiglia a procedere lungo l’asse del tempo e della storia. Solo la nipote Alba riuscirà ad intravedere nel suo essere burbero e spietato il profondo bisogno di essere amato, necessità che non è mai riuscito nè ad esprimere nè a concedersi.
A controbilanciare la figura potente di Esteban, c’è però il personaggio di Clara, sua moglie, una donna dai poteri sensoriali straordinari, che ho adorato. Una figura dolcissima e leggera, una donna delicata e sensibile capace di spostare gli oggetti con la forza del pensiero e vedere i fantasmi, ma anche determinata al punto di togliere la parola a suo marito per punirlo dei suoi errori. Delicata e molto forte, al contempo. E’ lei che, in fondo, sostiene il peso dell’intera famiglia e le garantisce un futuro, riaggregandone i membri ogni volta che gli screzi e le incomprensioni, ma anche gli accadimenti storici, tentano di disperderli.
Attraverso questo viaggio nel tempo, in cui unisce insieme mito e realismo, la Allende riorganizza la sua vita, il suo passato, conferisce struttura dignità e forma alle sue origini e getta le basi per costruire il suo futuro che, a sua insaputa, sarà fatto di grandi ostacoli da superare. “Questa è una parte del mio album fotografico personale” scrive l’autrice nel suo sito ufficiale “Queste foto sono per me preziose e permettono di sbirciare nel mio passato. La mia famiglia è stata molto importante nella mia vita e nel mio lavoro, fondamentalmente perché i miei parenti erano persone stravaganti. Con parenti come loro non ho avuto bisogno di usare la mia immaginazione, perché essi stessi costituiscono tutto il materiale di cui ho bisogno per i miei racconti. Le loro storie sono una specie di soap-opera infinita. Molti di loro sono stati dei modelli per i miei personaggi, come i nonni che sono diventati Esteban Trueba e Clara del Valle in La casa degli spiriti.
Rileggendo oggi “la Casa degli spiriti” e rivedendo quelle fotografie riesco a sentire tutto più vero, più reale. Non che prima non lo fosse. Ho sempre letto i suoi romanzi con grande trasporto. La sua scrittura è davvero coinvolgente, ma molto probabilmente oggi la vita mi appare molto diversa da come ero convinta fosse vent’anni fa e devo riconoscere che ogni pagina può essere assaporata in modo diverso. Direi anche forse con un senso di sacralità. Ogni cosa, adesso per me, ha più probabilità di esistere. Il possibile assume una valenza amplificata e mi permette di capire che vivere è un’esperienza sconvolgente e meravigliosa a patto che si sia disposti a dar voce a tutti i personaggi della propria storia.