TRA COESIONE E SOLIDARIETA’

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Confrontandoci quotidianamente con persone, realtà ed energie diverse, abbiamo notato come stia emergendo in modo forte ed inequivocabile un elemento che caratterizza sempre di più il sistema in cui viviamo. Per chi preferisce la matematica potremmo definirlo il minimo comune denominatore del nostro vivere (o sopravvivere) quotidiano, per chi ama la musica il leitmotiv, ma pur cambiando il suo abito, non muta la sostanza: parliamo della paura: un’emozione da cui nessuno di noi è immune.

Paura della crisi, dell’instabilità politica, paura dei conflitti e dei fanatismi che dilagano in mezzo mondo.

Ma  senza andar troppo lontano, restando nel nostro tran tran quotidiano, sovente non riusciamo a guardarci intorno con serenità né a guardare con fiducia al futuro. Anzi proprio quest’ultimo è fonte di inquietudine per tanti, soprattutto per chi ha figli. Per di più viviamo in un sistema socioeconomico che, delle nostre paure, si nutre e  tende quindi ad alimentarle. La nostre paure, infatti, a ben guardare sono spesso più indotte che reali.

Particolarmente Interessante è, in questo senso,  il legame fra paura e consumer system. Da una parte gli standard e le performances che ci vengono richieste sono aumentate a livelli tali che ci costringono a sentirci inadeguati, dall’altra, in taluni casi, è l’offerta stessa di un rimedio a generare la paura, non viceversa. Paura di sentirci a disagio se non usiamo il giusto antitraspirante o il salva-slip, di essere inguardabili se non ci siamo fatti la lampada o il botox e via di questo passo

Eccoci quindi alle prese con la paura di invecchiare o di non piacere, di essere esclusi o isolati, ma anche la paura di non essere all’altezza, di sentirci sminuiti e inadeguati.

E si sa, chi ha paura compra.

Non a caso le pubblicità sono sempre così rassicuranti. La paura è, dunque in qualche modo, funzionale al nostro sistema capitalista. Ma che cos’è esattamente? Come possiamo definirla?

Potremmo cominciare dalla semplice definizione enciclopedica: “Stato emotivo di repulsione e di apprensione in prossimità di un vero o presunto pericolo, un’intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo, reale o supposto. È una delle emozioni primarie, comune sia alla specie umana, sia a molte specie animali.”

Ma di fronte alla stessa situazione, emerge subito una variabile: la valutazione del pericolo è soggettiva, si innesca una reazione assolutamente personale, ognuno con il proprio sentire, con la propria sensibilità, con il proprio vissuto.

Per chi preferisce un approccio più scientifico, ecco la definizione biologica: “La paura è un sistema biologico sensato elaborato in miliardi di anni per evitare l’estinzione, funzionale ad un momento di allarme o di pericolo. Un sistema talmente importante da avere la priorità su qualsiasi altra funzione, un’emozione alla quale il nostro “sistema organismo” attribuisce un’importanza gerarchica fondamentale, perché legata alla sopravvivenza: aggredire o fuggire, difendere o perdere”.

E qui subentra il risvolto positivo

La paura è quella cosa che ci permette di far entrare in azione l’istinto di sopravvivenza.

Un’emozione quindi ancestrale, un comportamento archetipico, verosimilmente una delle prime esperienze codificate nel Dna umano, memorizzata in questo infinito “data base” biologico, attraverso il quale siamo tutti collegati fin dalla notte dei tempi, una magnifica e inesauribile rete di informazioni .

C’è chi la paura la combatte (o almeno tenta di tenerla sotto controllo) a suon di calmanti e ansiolitici, chi cercando forme di stordimento come alchool e droghe, chi la esorcizza sfidandola attraverso sport estremi o cercando riempitivi frenetici.

C’è anche chi, più saggiamente, ricorre alle terapie psicologiche o alle filosofie orientali come lo yoga o la meditazione o ancora i rituali di gruppo.

E proprio dal concetto fondamentale di gruppo, inteso come aggregazione che da forza, nascono nuove risorse in tutti gli ambiti

Nella vita di tutti i giorni, dove viene meno il welfare, emergono “dal basso”, pratiche spontanee di solidarietà, che mettono in luce la capacità civica di reagire in mancanza di risposte da parte delle istituzioni. Pratiche urbane che sono il segno del bisogno determinato dalla crisi, ma anche il sintomo di un cambiamento dei modelli di socialità. Si va dai cohousing (forme di comunità residenziali) alle banche del tempo (www.associazionenazionalebdt.it/).

A livello psicologico e/o spirituale si spazia invece dai gruppi di auto mutuo aiuto alle meditazioni nei cerchi sacri (che rappresentano una nuova e sempre più seguita tendenza).

Sono in molti, sembra, a riscoprire la forza terapeutica della condivisione del  proprio disagio e l’importanza della coesione e della solidarietà umana (a tal proposito rimandiamo all’articolo di Pier Giorgio cozzi sul “Latte sospeso” che ci racconta proprio un caso di solidarietà umana accaduto in un supermercato di Milano – al link https://www.5wagora.com/2014/10/08/latte-sospeso/).

Si tratta di quella forza che si può trarre dal sentirsi sostenuti e del sostenere a nostra volta, dal non sentirsi soli e dal non lasciare soli gli altri. Non a caso, sono numerose le pubblicazioni che sono state dedicate a questo argomento. Ne citiamo alcune: “Alfabeto delle paure quotidiane” di Umberto Folena edito da Ancora, Famiglie, reti familiari e cohousing. Verso nuovi stili del vivere, del convivere e dell’abitare di Antonella Sapio pubblicato da Franco Angeli, “Psicologia della paura” di Anna Oliverio Ferraris (Bollati Boringhieri) e infine “Che paura!? Dialogo fra un sociologo e uno psicoanalista sulle paure contemporanee” di  Filiberto  Tartaglia e Alberto Turolla edito da Aracne.

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