UOMINI CHE SOSTENGONO I DIRITTI DELLE DONNE

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“Felice il Paese che non ha bisogno di eroi e che non ha bisogno di celebrare la Festa della donna in un giorno specifico dell’anno”. Così scriveva Alessandro Rosina, parafrasando Bertolt Brecht, lo scorso marzo, su Repubblica.

“L’8 marzo è passato” specificava poi, “ma le difficoltà della componente femminile della popolazione, nell’ottenere l’espressione piena dei diritti di parità, durano 365 giorni”.

Cito questo articolo come esempio del fatto che, in questo paese, ci sono fortunatamente anche uomini civili che scelgono di rispettare e soprattutto sostenere le donne invece di discriminarle, prevaricarle o, come si evince sempre più dalla cronaca nera, ammazzarle.

Aumentano dunque gli uomini che, non riconoscendosi più negli stereotipi del machismo, hanno deciso, non solo di rispettare le donne nella loro vita privata e nella loro quotidianità ma anche di difenderne pubblicamente le cause, mettendosi in discussione o per lo meno ponendosi delle domande sul proprio ruolo nella società attuale.

Attori e uomini di spettacolo, hanno partecipato, di recente, ad alcune campagne contro il femminicidio, mettendoci, come si suol dire, la faccia.

Giornalisti e docenti universitari come Riccardo Iacona e Stefan Bollman hanno scritto saggi per denunciare quali difficoltà incontrano oggi le donne nel portare avanti le proprie vite, in relazione agli uomini e alle loro esigenze. Li ho già citati in passato ma continuo a consigliarne la lettura: il primo è autore di “Se questi sono gli uomini” e di “Utilizzatori finali” (pubblicati entrambi da Chiarelettere) mentre il secondo ha scritto “Le donne che pensano sono pericolose” edito da Piemme.

Ora, mi rendo conto che qualche campagna di sensibilizzazione e qualche libro non sono certo risolutivi di una serie di grosse questioni come, appunto, la violenza sulle donne e il femminicidio, ma si tratta, pur tuttavia, di segnali importanti perché, in fondo, la reazione più comune degli uomini non violenti o “per bene” si è limitata per lungo tempo semplicemente a eludere la questione o comunque a non prenderla più di tanto in considerazione.

Le donne, in passato, hanno dovuto lottare duramente per conquistarsi diritti come il voto, il divorzio, l’aborto e, paradossalmente, oggi sembra che debbano lottare anche per conquistarsi il diritto di vivere. Quindi è più che mai importante che da parte degli uomini ci sia una presa di consapevolezza che permetta un dialogo e un confronto aperto.

L’indifferenza porta solo ad incancrenire i problemi esistenti rischiando che diventino fenomeni o piaghe sociali inarginabili, eppure sono molti gli uomini che, pur non essendo violenti o prevaricatori nei confronti delle donne, simpatizzano silenziosamente con quelli che invece lo sono oppure, molto più “comodamente”, si limitano a negare l’esistenza del problema.

Come spiega Iacona “sono ancora di più i cosiddetti ‘simpatizzanti’, quelli che le botte non le danno ma vorrebbero che la donna fosse sottomessa e se potessero, qualche schiaffo lo mollerebbero anche loro. A questi si aggiungono i ‘negazionisti’ quelli che pensano che il tema non esista, che anzi la realtà sia radicalmente diversa – sono le donne a opprimere gli uomini – e che se si fa chiasso attorno al femminicidio o alla violenza di genere è solo colpa della lobby femminista, aiutata da una serie di maschi traditori, spesso apostrofati come ‘froci’”

Fortunatamente, a controbilanciare queste realtà, stanno cominciando a nascere anche movimenti spontanei di uomini che invece il problema lo vedono eccome. Parliamo ad esempio dell’Associazione nazionale Maschile Plurale, che è stata costituita nel 2007 e rappresenta una realtà di uomini con età, storie, percorsi politici e orientamenti sessuali diversi, radicati in una rete di gruppi locali più ampia e preesistente.

I componenti dell’Associazione sono impegnati da anni in riflessioni e pratiche di ridefinizione dell’identità maschile, plurale e critica verso il modello patriarcale, anche in relazione positiva con il movimento delle donne.

L’idea dell’Associazione è nata dopo la pubblicazione di un appello nazionale contro la violenza sulle donne, scritto da alcuni dei promotori nel settembre del 2006 e controfirmato in pochi mesi da un migliaio di altri uomini di ogni parte d’Italia.

“Maschile Plurale” è ora attiva in alcune regioni italiane (Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Puglia) e realizza e promuove diversi interventi ed iniziative come incontri, dibattiti, campagne di sensibilizzazione etc.

Anche il presidente dell’Associazione, Stefano Ciccone ha scritto un libro pubblicato da Rosemberg & Sellier, che si intitola “Essere Maschi”.  In questo saggio, Ciccone denuncia la violenza che colpisce le donne e che si annida anche tra le mura domestiche  ma, come spiega Silvana Mazzocchi in un articolo, apparso sempre su Repubblicarifiuta la comoda interpretazione del maschio che diventa feroce per scelta reattiva, quasi fosse una risposta automatica a fronte della nuova forza femminile… Indaga invece sui motivi ‘culturali’ e sociali del desiderio maschile, guarda con attenzione l’evolversi del rapporto tra i sessi, ironizza su quegli uomini che scelgono il ‘politicamente corretto’ ma che, nella sostanza, restano indisponibili a mettersi davvero in gioco. E, soprattutto, propone un diverso punto di vista mentre invita a cercare una nuova identità, variegata e mobile, per scoprire un’altra ‘dimensione dell’esperienza umana’ che vuol dire appropriarsi della capacità di avere relazioni autentiche e concedersi la libertà di provare tutte le emozioni tradizionalmente definite ‘femminili’ e dunque fino a oggi culturalmente a loro sconsigliate”.

Certo i segnali di presa di coscienza da parte degli uomini sono ancora decisamente insufficienti a controbilanciare la realtà dei fatti. Realtà che non concerne solo problemi come la violenza (fisica e psicologica) ma anche inerenti al vivere quotidiano (con forme di sessismo e prevaricazione) o al lavoro e alla carriera.

“Come le autorità religiose del Seicento – per citare ancora Rosina – il potere maschile di oggi sembra cercare in vari modi di resistere alla messa in discussione delle certezze del passato per mantenere un proprio ruolo di centralità. Anche quando si cerca di dar spazio equilibrato in un Consiglio comunale o nel Consiglio dei ministri o in un consiglio d’amministrazione, c’è quasi sempre un uomo che decide quali donne inserire. Non abbiamo, ad esempio, recentemente colto l’occasione di avere una donna alla presidenza della Repubblica. Poteva essere un segnale forte di cambiamento dall’alto di un’Italia che vuole essere diversa e dimostrarlo con convinzione a se stessa”.

Ma evidentemente l’Italia non è pronta a fare un “salto di civiltà” in questo senso. Lo sta dimostrando, d’altronde, con molte forme di discriminazione sociale, non solo nei confronti delle donne, ma anche degli immigrati, ad esempio e degli omosessuali. Persino la cattolicissima Irlanda ormai riconosce i matrimoni gay. Noi invece restiamo come sempre il fanalino di coda dell’Europa.

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Foto di Vincent Teriaca

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