Siamo alla fine del 2007 a Bologna. Un accordo tra la Cineteca e l’ASP Giovanni XXIII dà il via, con il sostegno di Unipol, alla creazione di un gruppo di ricerca e sperimentazione con l’obiettivo di testare l’uso del cinema per contrastare i disturbi della perdita della memoria e in particolare dei malati di Alzheimer . Nel frattempo lo sceneggiatore Eugenio Melloni sta vivendo, da qualche tempo, la sua personale lotta con questo problema: suo padre soffre di Alzheimer.
“… Nella tarda primavera del 2004 mia madre era morta quasi all’improvviso” racconta Melloni “Le esequie erano state seguite in tutte le loro tristi fasi anche da mio padre, le nostre famiglie strette intorno a lui. Tuttavia, la mattina dopo, chiese di lei come se niente fosse accaduto”. Inizia così il lungo e inesorabile percorso, in salita, che conoscono e ri-conoscono i familiari di chiunque soffra di questa malattia.
Emerge con sempre più evidenza come il linguaggio verbale non basti più a spiegare, a comunicare. Nasce l’urgenza di convivere con la perdita progressiva di quella memoria, di venirne a capo. Melloni si serve allora delle sue competenze di sceneggiatore e prova a ricostruire quelle ellissi temporali, con il cinema. Dapprima registra un filmato che racconta in modo “autorevole” ciò che le parole non possono più raccontare, cerca di riempire con il cinema quei vuoti spaventosi e disarmanti.
L’esperimento funzionò. Il Memofilm “puntellava l’identità, sollecitava l’autostima, stimolava l’affettività, costruiva emotivamente ‘senso’ laddove cognitivamente questo pareva sul punto di perdersi.
Da quel primo progetto, è passato molto tempo, c’è stato un lavoro attento di sperimentazione su altre memorie perdute.
Ad oggi è terminata la procedura di sperimentazione e i MEMOFILM sono il risultato della collaborazione di diverse discipline. I gruppi di ricerca che lavorano su questo tipo di film sono composti da figure professionali quali neurologi, geriatri, esperti di comunicazione visiva… e mirano a capire, da un punto di vista scientifico, le potenzialità dello strumento cinema.
Parallelamente, si sono andate affinando le tecniche per rendere sempre più efficaci questi prodotti, si sono venuti a costruire modi creativi e personalizzati di narrazione. E infine si sono prodotti dei brevi film, ciascuno costruito come un abito sulla singola persona, cuciti addosso alle vite complesse e speciali e uniche di ciascuno di questi pazienti. Film per un solo spettatore.
Uno dei risultati di tutto questo lavoro è il libro che si intitola “MEMOfFILM: la creatività contro l’Alzheimer” a cura di Luisa Grosso (Mimesis Edizioni). Il volume è correlato da un dvd che raccoglie alcuni Memofilm a testimonianza di come sono strutturati tecnicamente.