“E Susanna non vien. Amore e sesso in Mozart” di Leonetta Bentivoglio e Laura Bramani (recentemente pubblicato da Feltrinelli) è un saggio magnificamente tendenzioso.
Lo è ad esempio, quando parla di “sorellanza” riferendosi al rapporto fra la Contessa e Susanna, sua cameriera, nelle Nozze di Figaro. Susanna ama Figaro, barbiere in Siviglia, e desidera sposarlo non fosse che il Conte, marito della Contessa, vorrebbe esercitare il jus primae noctis.
Ma la Contessa non transige sulla fedeltà del marito e si allea a Susanna per fargli un brutto tiro: di qui la sorellanza, la solidarietà femminile. In altri termini, la sospensione della rivalità fra donne nei confronti dell’uomo, in cui le due autrici vedono un’anticipazione femminista, prestando a Mozart idee che precorrono il ’68. Ma è proprio così? Siamo sicure che se il Conte fosse scapolo (poniamo, come Don Giovanni) la solidarietà fra Susanna e la Contessa sarebbe la stessa? Zerlina e la Serva Padrona insegnano…
Il fatto è che le nostre autrici descrivono la psicologia dei personaggi dell’opera come fossero persone in carne e ossa e non, invece, delle “parti in commedia”, e così facendo pretendono da Mozart intenzioni che non solo contraddicono i tempi ma anche il suo aureo scetticismo, la sua sublime ambiguità. Che Beaumarchais-DaPonte-Mozart fossero di larghe vedute e di idee progressiste non si mette in dubbio.
Ma la loro idea di emancipazione femminile riguardava soprattutto il problema della parità: parità sociale e parità fra i sessi. La visione di una lega delle donne a scapito dei maschi sembra ben al di là dell’orizzonte dei nostri eroi, che l’avrebbero immediatamente associata al mito delle Amazzoni. Senza contare che in mezzo ci sta la lunga storia del matrimonio borghese basato su amore e fedeltà, quello del Fidelio di Beethoven per capirci.
Nondimeno, il libro delle due L.B. è ben scritto, abilmente costruito, intessuto com’è di erudizione e di ammiccamenti intelligenti. Lo si legge con gusto, e le molte obiezioni che suscita non fanno che aggiungere prezzemolo alla lettura.
Ma tanto per argomentare un po’ più a fondo perché diciamo Mozart scettico ed enigmatico? perché era troppo umano e troppo intelligente per non esserlo. Ovviamente il discorso sarebbe più complicato e lungo. Ma diremo comunque in breve. Le autrici vorrebbero arruolare Mozart fra i campioni del femminismo militante (un po’ a tutti i costi), leggervi condanne morali e partiti presi, appiccicargli, come diceva Montale, “cartellini segnaletici” delle sue intenzioni.
Ma la sua musica non è questo, e Mozart non è né Brecht né un predicatore. Guardava alla vita come a un grande teatro, e amava il teatro in quanto specchio della vita. Amava altresì, uno per uno, tutti i suoi personaggi in quanto portatori di possibilità espressive, non come veicoli di idee e di messaggi che, peraltro, la musica avrebbe difficoltà a definire.
Può darsi che nella vita reale Mozart preferisse le Susanne ai Conti, i Cherubini ai don Bartoli, le Zerline ai Don Giovanni (e forse anche i Don Giovanni ai Commendatori), ma come musicista di teatro li guardava tutti con l’ironica indulgenza del burattinaio di Pinocchio, immedesimandosi, di volta in volta, nelle ragioni di ciascuno, sotto le quali c’è sempre un nucleo umano.
Leporello e Papageno (Flauto magico) saranno dei codardi, il Conte un ottuso fanfarone, Susanna una furbetta, Zerlina una signorina di facili costumi, Don Giovanni un arrogante mascalzone, Cherubino un ninfomane, donna Elvira una masochista, la Contessa una parvenue che non molla, Fiordiligi e Dorabella (Così fan tutte) due lenze, la Regina della Notte una “suocera” (in senso morale), il Commendatore e Sarastro due insopportabili Catoni…. Sono questo e anche molto altro.
Nel teatro di Mozart c’è posto per tutti, e ciascuno di noi può identificarsi con chi preferisce. “Bisogna farsi capire, – così pressapoco scriveva Mozart a suo padre – ma non si deve insistere se no il pubblico si annoia”. Rischioso cercarvi a tutti i costi un messaggio o una morale: alla fine ci si accorge che non tutti i conti tornano, e che c’è sempre qualcosa che sfugge.