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AUTUNNO AL CINEMA

Per essere madre bisogna aver partorito? E’ questa la domanda su cui si incentra il film – Palma d’oro a Cannes –  “Un affare di famiglia“, del regista giapponese  Hirokazu Kore-Eda.

Il film rappresenta e ripropone, infatti, alcune riflessioni sulla famiglia, tanto care al regista giapponese. La famiglia è quella in cui si nasce o quella che ci scegliamo? O magari – come nel caso di questa storia – la famiglia è quella che ci sceglie?

E ancora, è meglio una famiglia socialmente in regola, ma anaffettiva o violenta? O una bislacca e disfunzionale  – che magari ti insegna anche cose sbagliate – ma che ti tratta con affetto e calore?

Le riflessioni di Kore-Eda sembra ruotino sempre più intorno alla famiglia, come già era successo nel suo film precedente “Little sister” e, non a caso è stato definito il Maestro dei rapporti familiari.

Altra pellicola imperdibile – tra quelle premiate a Cannes –  è  “Black Klansman” di Spike Lee. Anche in questo film torna un tema che, di norma caratterizza le opere del regista in questione, e cioè il razzismo nei confronti dei neri. Una questione d’altronde più che mai attuale.

La storia è ambientata, infatti, all’inizio degli anni ‘70 negli Stati Uniti dove infuria la lotta per i diritti civili. Il protagonista è un detective della polizia di Colorado Springs che intende spacciarsi per un razzista, onde riuscire ad infiltrarsi nel Ku klux klan.

Altri due film molto interessanti – tra quelli recentemente sbarcati nelle sale cinematografiche – sono anche e “L’uomo che uccise Don Chisciotte” e “The Wife – vivere nell’ombra”, entrambe interpretati dal grande ed istrionico attore inglese Jonathan Pryce.  Il primo porta la firma di Terry Gilliam, uno dei registi più surreali e visionari della storia del cinema. Autore di film unici nel loro genere come “Brazil” e “L’esercito delle 12 scimmie”, Terry Gilliam aveva esordito nel mondo cinematografico con i corti dei Monty Python. “L’uomo che uccise Don Chisciotte” è dunque la storia, strampalata e surreale di Toby (Adam Dryver), un giovane regista pubblicitario stanco e disilluso, che si ritrova intrappolato dalle folli illusioni di un vecchio calzolaio convinto di essere il leggendario Don Chisciotte.

Di tutt’altro genere è “Vivere nell’ombra”. Si tratta di un film  del regista Björn Runge che potremmo definire drammatico ma anche raffinato e di grande scavo psicologico. La trama si potrebbe riassumere con il vecchio detto “Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”. Racconta, infatti, la storia di una coppia di una certa età, in cui lui è uno scrittore di successo mentre lei (Glenn Close) è invece la classica moglie abituata a vivere nell’ombra. Durante il dipanarsi della storia, si scoprirà, però, che le cose non sono esattamente come appaiono … lei, infatti ha lasciato che lui si impadronisse della paternità delle sue opere.

.Molto interessante e da non lasciarsi sfuggire è anche “Opera senza autore”, inquietante pellicola del regista Florian Henckel von Donnesmarck, ambientata nella Germania nazista e ispirata, seppur liberamente, alle complesse vicende della vita di Gerhard Richter, artista tedesco nato a Dresda nel 1932.

 

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