Nonostante io cerchi di scegliere accuratamente i dibattiti televisivi da evitare, poiché buona parte si rivelano essere fastidiose e inutili bagarre – finalizzate solo ad aumentare l’audiance – purtroppo di recente mi è capitato di imbattermi in una puntata di “Non è l’arena” su La7.
In quel frangente la discussione infuriava (in effetti non come in un’arena, ma peggio) sulla libertà di scelta delle parole in ambito mediatico. Ovvero, per farla breve, su ciò che si può dire e ciò che, invece no, in tv e/o suoi giornali.
Ospite, in collegamento streaming, Il giornalista Vittorio Feltri, sosteneva che, siccome alcune parole si sono sempre dette, non si capisce perché non si possa continuare ad usarle. Un esempio fra tutti era il termine Negro. Perché mai, si domandava, sarebbe meglio dire Nero invece di Negro? E perché mai, proseguiva poi, si dovrebbe ricorrere a lingue straniere usando, ad esempio, il termine Gay, piuttosto che Finocchio?
Siamo abituati per carità, come sottolineava lo stesso conduttore, Massimo Giletti, alle provocazioni gratuite del personaggio in questione che, in passato, ha motivato più o meno in modo analogo, l’uso di espressioni anche ben più offensive e pesanti di questa, specificando che, siccome siamo in Italia, gli sembra più corretto evitare espressioni o termini stranieri.
Come se in italiano non fosse possibile tradurre il termine Gay con parole più appropriate quali ad esempio, Omosessuale, giusto per citarne una.
A nulla sono serviti i tentativi dell’ex deputata di Rifondazione e transgender, Vladimir Luxuria, di spiegargli che:
1) esistono i termini ritenuti offensivi e altri no e
2) se dovessimo eliminare tutte le parole straniere in uso, solo perché siamo in Italia, allora dovremmo tornare indietro di qualche mezzo secolo.
Se queta logica di Feltri avesse anche solo un minimo di senso (a parte quello di creare provocazioni fini a se stesse) dovremmo, in effetti, tornare ad usare parole ridicole di mussoliniana memoria come Coccotello o Polibibita al posto di Cocktail e Pranzoalsole per dire Picnic, oppure Amoretto al posto di Flirt e Quisibeve, per dire Bar.
Ve le immaginate le conversazioni telefoniche del tipo “Ragazzi stasera ci vediamo al solito Quisibeve dietro casa …
Ma poi dovremmo anche dire calcolatore, al posto di computer, tanto per continuare, ad esempio, in ambito tecnologico, e topo al posto di mouse … e, mi domando, come dovremmo regolarci invece con i Jeans? Visto che, ad esempio in Spagna li chiamano Vaqueros?
Dovremmo chiamarli i Vaccari? O dovremmo istituire un referendum sul tema, per decidere un altro termine, visto soprattutto che non abbiamo problemi più urgenti in questo paese?
E in ogni caso sarei curiosa di sapere se qualcuno abbia mai spiegato al suddetto giornalista che esiste il concetto di lingua franca (una lingua, per chi non lo sapesse, che viene usata come strumento di comunicazione internazionale) e che la nostra (essendo noi in Europa) sarebbe l’inglese…
A parte poi il fatto che non mi sembra ci sia una legge in Italia, che vieti di adottare, volendo, una seconda lingua. Capisco che lui, essendo di Bergamo Alta forse non lo saprà, ma io che sono piemontese invece ho ben presente che fino ai primi del ‘900 in Piemonte si parlava correntemente anche il francese (i miei nonni a volte iniziavano una frase in piemontese e la finivano in francese, con alcuni vocaboli italiani a metà) e il fatto che questa usanza sia andata perduta, la considero francamente un vero peccato e non certo un arricchimento. Anzi caso mai un’involuzione che rispecchia solo il fatto di un impoverimento culturale in atto.
Ma poi perché disincentivare in televisione l’uso di termini stranieri nella lingua parlata, quando poi “rompiamo le scatole” ai nostri figli perché a scuola studino l’inglese?
Verso la fine della trasmissione, poi, ciliegina sulla torta, è intervenuta (come se le provocazioni non fossero già abbastanza) anche l’ex deputata di Alleanza Nazionale Daniela Santanché (e come sarebbe potuta mancare in un dibattito di tale levatura?), la quale – agganciandosi al discorso sull’omosessualità – ha cominciato a sciorinare una sequela di affermazioni a dir poco lapalissiane su temi quali l’identità di genere, le persone che decidono di cambiare sesso etc, compresa l’affermazione (testuali parole) che “in natura chi ha la vagina è femmina e chi ha il pene è maschio”.
A parte il fatto che il rapporto tra il sesso di appartenenza e l’identità di genere, è faccenda ben più complessa, che non si può certo ridurre a un paio di semplici slogan da pseudo-campagna elettorale, ma in ogni caso, sento che mi corre veramente l’obbligo di ringraziarla per averci dato una spiegazione che non siarebbe accettabile neanche per dei ritardati mentali.
Ora capisco che, per due intellettuali come loro, sia abituale pensare che noi del pubblico, nella nostra crassa ignoranza, non meritiamo lo sforzo di un ragionamento neanche vagamente più raffinato … però … un minimo più di rispetto per l’intelligenza o il senso critico dell’italiano medio, non guasterebbe …
La risposta lapidaria di Vladimir Luxuria per lo meno è stata divertente: “Non mi parli di natura proprio lei, che ha fatto molti più interventi chirurgici di me per motivi estetici”.
Vorrei comunque, al di là di tutto fare un plauso ai due provocatori della serata. Perché se non altro gli si deve dare atto che sono abili a muovere le fila. Sanno bene che “sparandole grosse” il più possibile e creando bagarre pressoché inutili, non solo procurano maggiore “audience” alla trasmissione, contribuendo così al tornaconto dell’emittente ma in più si garantiscono la certezza di poter fare altre comparsate in tv, con relativi di ritorni di immagine e suppongo anche, di pecunia.
Certo però con la piega che stanno prendendo gli eventi nel nostro paese e con Lega e Pentastellati che “giocano” a fare (come ha detto lo scrittore Mauro Corona) “i separati in casa”, di sicuro in tv prossimamente ne vedremo anche di più belle …