L’ITALIA: UNA SOCIETA’ SIGNORILE DI MASSA

748

Come può una società signorile essere anche di massa? A spiegarcelo è il sociologo Luca Ricolfi che, con questa paradossale definizione, introduce una nuova interessante categoria interpretativa, in grado di scardinare le idee correnti sulla società in cui viviamo. Nel suo nuovo libro, che si intitola appunto “Società signorile di massa”, recentemente pubblicato da “La nave di Teseo”, Ricolfi propone, infatti, una lettura dell’Italia di oggi completamente diversa da quella corrente.

I media e la politica descrivono questo come un momento storico fatto di povertà, disoccupazione, lavoro nero e/o precario. Il che è anche vero, sostiene Ricolfi, ma lo è solo per una minoranza della popolazione, costituita per lo più da immigrati. La maggioranza degli italiani, invece,  vive in una situazione di benessere piuttosto elevato.

Per la prima volta nella storia di questo paese, ricorrono insieme tre condizioni particolari: il numero di cittadini che non lavorano ha superato ampiamente il numero di quelli che lavorano; l’accesso ai consumi opulenti ha raggiunto una larga parte della popolazione e, infine, l’economia è entrata in stagnazione. Di fatto la produttività è ferma da vent’anni. Tale stagnazione impedisce di creare occupazione ma nel contempo riesce ad assicurare un alto tenore di vita alla maggioranza della popolazione. C’è molta gente, infatti, che,invece di impegnarsi nello studio e nel lavoro per progredire, vive grazie alla fortune accumulate dalle generazioni precedenti.

Allo stesso tempo i politici non adottano soluzioni in grado di sbloccare questa situazione. Al contrario assecondano l’immobilismo esistente e così facendo creano un sentimento e una convinzione sempre più diffuse di precarietà. Paradossalmente è come se la nostra sociètà, invece di evolversi, fosse tornata all’epoca in cui una minoranza – non poi così esigua – viveva di rendita, senza svolgere alcuna professione.

Lavoro d’altronde non ce n’è, e i giovani, in ogni caso, neanche lo cercano: la maggior parte di loro non studia, non lavora e per tanto non mette al mondo figli. La popolazione invecchia ed è sempre meno produttiva. Praticamente un cane che si morde la coda. Dunque riassumendo la nostra società si reggerebbe su tre pilastri: la ricchezza accumulata dai padri, la distruzione di scuola e università̀ e, infine, un’infrastruttura di stampo para-schiavistico che comporta una massa sfruttata di migranti che per lo più lavora in nero per pochi soldi. La domanda interessante, dunque a questo punto è: qual è il futuro di una società in cui molti consumano e pochi producono?

Articolo precedenteLA LINGUA COME MANIFESTAZIONE DEL GENIUS LOCI – in margine ai canti popolari di Sinigaglia
Prossimo articoloCALL DI VOLTERRA PER LA CANDIDATURA A CAPITALE DELLA CULTURA