I VIROLOGI DA TV

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Alzi la mano chi non ne può più dei virologi che sentenziano in tivù. Di sicuro tra i primi ad averne avuto abbastanza, si può annoverare il deputato Giorgio Trizzino (ex 5S, ora al Gruppo misto) che ha pensato, proprio recentemente, di chiedere che virologi, immunologi, infettivologi etc. partecipino ai talk show, solo se autorizzati dalla struttura di appartenenza, ovvero quella in cui lavorano.

La proposta, come hanno fatto subito notare quasi tutti i media, ha mandato gli scienziati più presenzialisti su tutte le furie: da Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive del San Martino di Genova – che avrebbe paragonato la cosa a una sorta di fascismo – a Massimo Galli, primario dell’ospedale Sacco di Milano, che ha definito l’iniziativa “grottesca”.

D’altronde come non comprenderli. A stare sotto i riflettori ormai ci hanno preso gusto e si sa che la notorietà può creare assuefazione se non dipendenza. Assurgere di colpo dall’anonimato quasi totale allo status di star mediatiche inoltre, potrebbe spingere chiunque ad abbandonare ogni ritegno o senso dell’eleganza (nel mio immaginario gli scienziati seri hanno uno stile understatement), a un punto tale da lasciarsi convincere ad improvvisarsi indossatori, cantanti di karaoke o addirittura stelle del cinema da red carpet.

Protagonista di quest’ultima trovata, rimbalzata su tutti i media, è Roberto Burioni  che, per arrivare a sfilare al Festival di Venezia, si sarà probabilmente convinto di avere lo stesso fascino e la stessa prestanza fisica di un George Clooney o di un Brad Pitt.

Molto più azzeccate però le reazioni mediatiche nei giorni successivi, in particolare lo spassosissimo titolo apparso su Dagospia che recitava: “La sfilata di Burioni sul red carpet (quanto avrà rosicato Bassetti?) non è piaciuta al collega Pregliasco”. E se per questo non solo a lui. La passerella in questione è stata, infatti, aspramente criticata dai più, anche se non si capisce se sia stato per invidia o se perché siano in molti a pensare che troppa esposizione ai riflettori possa stufare anche i fan più sfegatati. Per non parlare del fatto che un po’ di riserbo ogni tanto, di sicuro non infastidirebbe nessuno.

Già l’anno scorso comunque, le testate giornalistiche uscivano più o meno regolarmente con titoli piuttosto succulenti come ad esempio, Italia Oggi che sentenziava: “I virologi modello tv sono in gara come cavalli, se uno la spara grossa l’altro deve spararla più grossa per rubargli la scena” …

Se non altro, in tutta questa baraonda di discussioni, litigi, rivalità, gelosie e previsioni sparate a caso (e di rado azzeccate), a Bassetti va almeno il merito di aver confessato apertamente le sue debolezze. In un’intervista al settimanale Chi – anche questa divenuta virale – ha dichiarato: “Mi piace piacere. Sono professore e direttore e ora ho anche la notorietà, perché dovrei vergognarmene?”. Mi piacerebbe riuscire a carpirgli il segreto per poter raggiungere tanta autostima, nonché la certezza di poter piacere a tutti o quasi, così tanto, ma mi limiterò invece, a fare ai presenzialisti televisivi come lui, un sentito augurio. Ovvero che li lascino continuare con le loro comparsate mediatiche in santa pace. Non si sa mai che altrimenti si possa finire (paradosso più, paradosso meno) per dover far fronte ad eventuali loro cure – nel malaugurato caso dovessero cadere in depressione – poiché magari anche queste potrebbero gravare sui contribuenti.

Proprio in questi giorni girava una vignetta sui social che diceva: “Alla fine della pandemia ci sarà il problema dello smaltimento dei virologi”. La cosa mi ha fatto sorridere, ma in realtà temo che finirà proprio come con il virus: dovremo imparare a convivere anche con gli scienziati da tv. Almeno finché le loro bagarre faranno audience. Quindi tanto vale cominciare a farsene una ragione …

D’altronde non si sono fermati neanche di fronte alle minacce che lamentano di aver subito (purtroppo gli estremisti non hanno altre modalità), dimostrando per altro – con grande determinazione e sprezzo del pericolo – di non lasciarsi intimidire da nessuno. E in questo tanto di cappello, se non fosse che a spaventarli è l’ipotesi di un’eventuale prossima fine dell’emergenza. I “poveretti” reagiscono già piuttosto male al solo sentir dire che in molti altri paesi dell’Unione Europea sono state annullate tutte o quasi le restrizioni per fronteggiare il virus: parliamo ovviamente di paesi come Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Danimarca, Svezia, Norvegia etc.

Avendo però dimostrato più o meno tutti, di sapersi reinventare, è possibile che – una volta dismessi i panni da baruffa tipica della prima serata – potremmo ritrovarceli in chissà quali altre vesti: magari in qualità di testimonial pubblicitari per qualche improbabile nuovo prodotto o, come ipotizzato da Gian Luigi Paragone, addirittura all’Isola dei famosi, magari in costumino da bagno succinto ma con la solita granitica certezza di piacere sempre e comunque.

Potendo scegliere, preferirei vederli esibirsi a “Ballando con le stelle”, programma che guardo ben di rado, ma nel caso ci fosse da far due risate … soprattutto in questo periodo in cui staccare la spina dall’eccessiva pesantezza mediatica sarebbe un toccasana: in prima serata è diventata un’impresa anche solo poter vedere un bel film. I palinsesti sono incentrati ormai solo su personaggi più o meno noti che urlano e si azzannano in rappresentanza di un’Italia che dà ormai letteralmente i numeri (di morti, contagi etc) sui quali però, sono tutti costantemente in disaccordo.

Comunque meglio un virologo oggi (in un’insolita veste) che in quelle catastrofiste dell’anno scorso, o magari degli anni a venire … Anche se a stemperare le previsioni più apocalittiche ci hanno sempre un po’ pensato le parodie dei comici. Crozza, per citarne uno, che usciva dalla bara con la tipica “verve ottimista” di un Crisanti in versione vampiro, con tanto di tuoni e fulmini alle spalle o Leonardo Manera che – con una improbabile parrucca – interpretava il professor Piripicchio, ovvero il virologo tipo: presenzialista, vanesio e che si illude di essere molto amato dal pubblico, pur non avendo alcun riscontro reale.

Se c’è una nota triste in questa vicenda è quella che aveva fatto notare Giorgio Palù, attuale presidente dell’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) in un intervista rilasciata circa un anno fa, in cui sosteneva che il fenomeno in questione è un’anomalia tutta italiana. Negli altri paesi, infatti, è concesso parlare a un solo scienziato che viene prescelto in rappresentanza del comitato tecnico nazionale, minimizzando quindi il rischio di creare confusioni. Ha fatto notare anche per altro, come gli scienziati italiani più riconosciuti e accreditati a livello internazionale siano, guarda caso, proprio quelli che non appaiono in tv.

Il fenomeno era stato ripreso anche da un servizio del programma “Le iene” che parlava dell’Index. Agli scienziati viene, infatti, assegnato un punteggio chiamato index a seconda delle ricerche svolte e dei testi pubblicati, nonché avvalorati dal mondo scientifico. Ovviamente più il punteggio è alto e più uno scienziato è credibile e rispettato. O almeno così dovrebbe essere, tranne forse solo in Italia.

Il servizio citava, infatti, una serie di nomi autorevoli stranieri che avevano un index tra 100 e 200 mentre per i presenzialisti nostrani (che non starò a citare perché il servizio in questione è reperibile in rete) il punteggio andava da un minimo di 37 ad un massimo di 70 circa. Non propriamente il massimo. Dunque perché non offrire a questi ultimi la possibilità di ritagliarsi una nuova carriera salottiera nei programmi di gossip pomeridiano o nell’avanspettacolo serale, se mai dovessero ripristinarlo?

 

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