La sala cinematografica era piena zeppa di donne dai quaranta in su. Qualche amico o marito a far da accompagnatore, ma si contavano sulle dita d’una mano. Commenti sommessi, stupore, qualche risata e molte aspettative. Alla fine del film invece sospiri di sollievo, facce sorridenti e rilassate e commenti a scialare sull’interpretazione magistrale, ma soprattutto coraggiosa, di una grande attrice qual’è Emma Thompson che, sebbene un po’ agé, ha accettato di mettersi letteralmente a nudo, con un corpo tutt’altro che “liftato” o palestrato.
Un corpo dunque il suo, che mostrava tutti i segni del tempo, restituendoci così una bellezza naturale e matura con tutti i suoi difetti e i suoi pregi.
Parlo ovviamente del film “Il piacere è tutto mio” di Sophie Hyde e lo faccio solo ora che la pellicola non è più nelle sale cinematografiche, perché l’idea non è quella di recensirlo ma di prenderlo come spunto per una riflessione. Intanto devo dire che le molte donne presenti sono state rincuorate dall’inquadratura finale che poneva la protagonista di fronte a uno specchio, interamente nuda, ma soprattutto compiaciuta e soddisfatta del suo normalissimo aspetto oltre che del piacere raggiunto.
Se la regia fosse stata americana, immagino che probabilmente la protagonista si sarebbe sottoposta, prima dell’interpretazione a sedute intensive con personal trainer o almeno a qualche ritocchino qua e là. La Thompson invece, cresciuta come quasi tutti gli attori inglesi, calcando le ribalte teatrali a “pane e Shakespeare”, è risultata perfetta proprio per aver saputo giocare sulle sue imperfezioni. Se così non fosse stato, d’altronde sarebbe risultata ben poco credibile.
Occorre quindi riconoscerle, oltre alla bravura e alla professionalità, anche il coraggio di essersi esposta allo sguardo del mondo intero o quasi, senza l’ausilio o il comfort di orpelli e abbellimenti vari, soprattutto dal momento che sullo schermo siamo ormai abituati a vedere solo corpi molto giovani oppure decisamente ritoccati, quando non del tutto rifatti.
Oltre a mettere in discussione modelli di estetica ormai quasi esasperatamente nonché artificialmente perfetti, il duo Thomson/Hyde si è anche cimentato con quei tabù che contribuiscono a rendere il piacere femminile, un argomento spesso liquidato a suon di battutacce o stereotipi (aggiungerei soprattutto in Italia).
La trama è semplice e la riporto, almeno in parte, poiché funzionale al discorso. La protagonista del film è Nancy Stokes, una pensionata ex insegnante di religione che in tutta la sua vita è rimasta fedele al marito (da poco defunto) pur non avendo mai raggiunto con lui alcun tipo di piacere fisico soddisfacente. Rimasta vedova decide pertanto di concedersi il lusso di alcuni incontri in un Hotel con un giovane gigolò, scelto e contattato in rete.
Al primo appuntamento la donna è ovviamente un po’ intimorita e molto in imbarazzo poiché per nulla avvezza a questo genere di appuntamenti. Vorrebbe lasciar perdere tutto, ma lui si dimostra molto comprensivo e rassicurante, quasi troppo per essere vero. Per aiutarla a superare le sue ritrosie e i suoi tabù, le dice ad esempio, di aver avuto persino una cliente di ottant’anni e dopo un po’ di tempo tra loro si instaura addirittura una bella complicità. Più di così non dirò ovviamente per non spoilerare troppo e non rovinare la visione di chi voglia noleggiarsi la pellicola in rete, ma anche perché la trama è ricca di colpi di scena che lo spettatore magari non aveva previsto.
Detto questo, il film mi interessa, in realtà, più per la sua rilevanza sociale che per le sue peculiarità cinematografiche. Il cinema come i serial tv sono sempre rilevatori di fenomeni o tendenze sociali e produzioni come questa, che fungono sempre un po’ da apripista.
Magari ora che ad abbattere il muro di questo tabù ci ha provato una regista inglese, chissà che anche quelle italiane non ne seguano l’esempio e assestino qualche altro bel colpo per demolirlo definitivamente, parlando così di piacere fisico femminile, senza scivolare nello stereotipo della mangiatrice di uomini o, al contrario, della perenne afflitta dal mal di testa …
D’altronde era successo proprio così con un altro stereotipo affrontato questa volta, però in prima battuta, dalla cinematografia francese: mi riferisco alla narrazione della storia in cui lei ha 20 anni in più di lui (cosa che per fortuna ormai non scandalizza più tanto come qualche anno fa). La pellicola in questione si intitola in realtà “Vent’anni di meno” ed è approdata nelle sale nel 2013, diretta da David Moreau. Si tratta di un film in cui non si esprimono giudizi morali in merito alla differenza d’età tra i due protagonisti. Anzi la protagonista viene inizialmente addirittura criticata (e catalogata come “noiosa”) perché a quarant’anni, portati più che bene, si limita a pensare al lavoro e alla figlia, invece di darsi liberamente alla pazza gioia e a storie con uomini possibilmente più giovani.
Se visioniamo un suo corrispettivo italiano come ad esempio, “Qualcosa di nuovo” di Cristina Comencini, invece è tutto un fiorire di epiteti come – cito testualmente – “ma non sarà che sei un po’ mignotta?”
In questo film, la storia è analoga a quella precedente. Due amiche, entrambe single, si innamorano di un ragazzo molto più giovane di loro, ma mentre Maria (interpretata da Micaela Ramazzotti) è considerata quella “facile” delle due, perché ha una vita sessuale un po’ esuberante, Lucia (ovvero Paola Cortellesi) interpreta il personaggio della donna tutta d’un pezzo e molto “per bene” poiché ancora innamorata dell’ex marito, tende a reprimere qualsiasi impulso e a negarsi la possibilità di aprirsi a nuove esperienze. Ovviamente alla fine, nonostante le resistenze, soccomberà anche lei al fascino del giovane belloccio e simpatico, ma non senza sensi di colpa, autocritiche e soprattutto ramanzine all’amica considerata “libertina”.
“Il cinema italiano ha difficoltà a scrivere dei ruoli femminili liberi” ha sostenuto d’altronde proprio di recente l’attrice Sabrina Impacciatore in un’intervista rilasciata a “Vogue” in occasione del successo del serial “The White Lotus” che l’ha vista tra i protagonisti. “La narrativa classica vorrebbe che venissero punite o salvate da un uomo!” dichiara riferendosi ai personaggi di due giovani escort che alla fine del serial, risultano essere invece le uniche figure autentiche e positive.
Un’altra icona della liberazione dai cliché femminili è, in questo momento, Jamie Lee Curtis che, contraria al botox e alla chirurgia estetica, sta portando avanti una campagna a favore dell’accettazione del passare del tempo e del riconoscimento della propria bellezza a ogni età. Molte celebrities si sono schierate a favore di questa idea lottando affinché termini come “anti-age” non vengano più usati, raccontando le esperienze personali che hanno vissuto e dando consigli su come invecchiare bene, con grazia e armonia.
“Io sono pro-ageing” ha dichiarato la nota attrice americana, “Voglio invecchiare con intelligenza e grazia e dignità e brio ed energia. Non voglio nascondermi dal tempo che passa”. Ed è così che ha deciso di apparire su Instagram, nuda e circondata dalla natura e perfettamente a suo agio in una posa discreta e ricca di mistero.