Come ogni anno, durante le feste, diamo qualche suggerimento a coloro che desiderano approfittare del tempo libero per dedicarsi – almeno in parte – alla lettura. Come di consueto però eviteremo i best sellers del momento, preferendo piuttosto suggerire letture che – a vario titolo – ci siano state consigliate da lettori appassionati, cercando di catturarne, per quanto possibile, emozioni e coinvolgimenti.
Cominciamo dunque con “Quando le montagne cantano” di Nguyen Phan Que Mai (Nord edizioni), un romanzo storico ambientato nel Vietnam degli anni ’70 del Novecento, ma che attraversa – grazie ai ricordi di una nonna – buona parte della storia del ‘900, abbracciando tre generazioni di donne della famiglia Tran. Il Vietnam ha conosciuto un lungo periodo ininterrotto di guerre: la lotta contro l’occupazione giapponese nella seconda guerra mondiale, la cacciata dei francesi e l’unificazione del Paese con la caduta di Saigon nell’aprile del 1975.
All’inizio del romanzo, la protagonista, Huong è una ragazzina che vive con la nonna Dieu Lan nella città di Hahoi. I genitori e gli zii sono lontani, partiti per la guerra. Quando i bombardamenti degli americani, nel 1972 colpiscono la città, lei e la nonna si rifugiano nel villaggio di Hoa Binh. Al rientro trovano la loro casa distrutta, ma nonna Dieu Lan è dotata di grande forza d’animo e decide di ricostruirla mattone dopo mattone. Si assicura in tal modo di garantire alla nipote un tetto sulla testa e ai figli lontani, una casa in cui poter fare ritorno. Per infondere fiducia nella nipote, l’anziana donna inizia a raccontarle la storia della sua vita: gli anni nella casa di famiglia sotto l’occupazione francese e durante le invasioni giapponesi; l’avvento dei comunisti, la fuga disperata verso Hanoi senza cibo né denaro e la difficile scelta di abbandonare i suoi cinque figli lungo il cammino, nella speranza che, prima o poi, si sarebbero ritrovati.
Molto commoventi anche il racconto e le riflessioni che la nipote Huong fa sulla dura vita della nonna e su quella di sua madre Ngoc, come combattente. E’ quest’ultima a dire a Huong che la nonna è la donna più forte che lei conosca. “Stalle sempre vicino” le dice “e non ti succederà niente”. Huong seguirà il consiglio e attraverserà il conflitto per raccontarci il coraggio e la forza di tre donne che assurgono ad emblema di un popolo stremato in una terra che però non ha mai perso né la speranza né la poesia.
Per gli amanti delle trasposizioni cinematografiche, segnaliamo invece “Un’estate” di Claire Keegan, già autrice di “Piccole cose da nulla”. Si tratta del capolavoro, pubblicato da Einaudi, che ha ispirato il film The Quiet Girl. Siamo in Irlanda, probabilmente all’inizio degli anni Ottanta, e questo si deduce dal fatto che a un certo punto si parla di uno sciopero della fame (presumibilmente l’Hunger Strike avvenuto nelle carceri nordirlandesi contro l’intransigenza del governo della Thatcher).
La protagonista è una bambina silenziosa e senza nome che abita in una fattoria nella campagna irlandese assieme ad una coppia di parenti, presumibilmente zii, che non hanno figli. La ragazza viene scaricata lì dal suo vero padre, un uomo rude e distratto che deve sfamare già altri figli.
La famiglia della ragazza vive, infatti, in una condizione di miseria e, oltre ad essere oppressa dal carico di molti bambini, è in attesa di un nuovo nascituro. “Claire Keegan tratteggia” come spiega giustamente la quarta di copertina “un lessico sentimentale dell’accoglienza e dell’amore genitoriale, offrendoci un racconto di sommessa e struggente bellezza. Questa è la storia di un grande amore, un libro che tutti dovremmo leggere”.
Tornando al romanzo storico, invece “Il canto del cielo” di Sebastian Faulks (Beat edizioni), è di nuovo una narrazione che parla di guerra ma anche di sentimenti. La storia ha inizio in un giorno di primavera del 1910, quando Stephen Wraysford fa il suo ingresso nella casa degli Azaire ad Amiens, in Francia, per questioni di lavoro. L’agiato signor Azaire possiede una rinomata filanda che ha tra i suoi fidati clienti la ditta per la quale il giovane inglese lavora. La casa è una sequenza di eleganti salette e corridoi che “schiudono alla vista incantevoli scorci”. Qui oltre al signor Azaire, un quarantenne gravato dal peso degli anni, e ai figli Lisette e Grégoire, vive anche Isabelle, la giovane e affascinante moglie del proprietario della filanda.
Tra i due esplode un’attrazione fatale, ma questa non è che la prima parte del romanzo. Lungi dall’essere soltanto una storia romantica, infatti, il romanzo racconta nella seconda parte, le violenze e le carneficine della Grande Guerra, con cruda e gelida dovizia di particolari: dallo squallore della vita in trincea alle attese esasperanti nelle gallerie sotterranee, dai soldati mandati allo sbaraglio, all’esito lacerante delle granate sui loro corpi. Quando scoppia la guerra Stephen si ritrova, infatti, da combattente inglese, sul teatro di quella grande carneficina che fu appunto il fronte francese. Isabelle e la sua famiglia ricompaiano e poi nuovamente spariscono. La terza parte si svolge infine, prevalentemente negli anni ’60 del ‘900, periodo in cui Elisabeth, nipote del protagonista, riuscendo a recupera e decifrare i diari del nonno, scopre un mistero di famiglia che poi è anche il fil rouge che tiene insieme tutta la narrazione.
Si tratta, come spiega molto bene la quarta di copertina, di “un’appassionante storia d’amore, d’abbandono e di speranza, che non esita a fare propri il respiro e il ritmo dei grandi romanzi d’amore e di guerra. “Il canto del cielo” è uno di quei rari libri in cui la letteratura assolve perfettamente il suo compito: narrare di destini e passioni individuali sullo sfondo di imponenti eventi storici”. Pubblicato per la prima volta nel 1993, il romanzo ha venduto più di un milione di copie.
Abbiamo scelto infine, tra i classici da rileggere, “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. Pubblicato nel 1940 da Rizzoli, il romanzo è ambientato in un paese immaginario. La trama segue la vita di Giovanni Drogo dal momento in cui, divenuto ufficiale, viene assegnato alla Fortezza Bastiani, molto distante dalla città. La Fortezza, ultimo avamposto ai confini settentrionali del Regno, domina la desolata pianura chiamata appunto “Deserto dei Tartari”, un tempo teatro di rovinose incursioni da parte dei nemici. Tuttavia, da innumerevoli anni nessuna minaccia è più apparsa su quel fronte. La Fortezza, svuotata ormai della sua importanza strategica, è rimasta solo una costruzione arroccata su una solitaria montagna, di cui molti ignorano persino l’esistenza.
La narrazione è particolare poiché in realtà nella Fortezza non succede mai nulla. Ciononostante Drogo resterà avvinto da questo luogo, come i pochi altri militari della guarnigione, da una sorta di fascino che sprigiona dalla Fortezza stessa, nella quale le giornate si susseguono, sempre uguali le une alle altre. Col passare dei giorni, poi dei mesi e, infine, degli anni, l’atmosfera appare sempre più proiettata in una dimensione quasi irreale. Per alcuni lettori tale dimensione risulta quasi insopportabile, per altri invece, diventa man mano, appassionante e coinvolgente. Impossibile in ogni caso, restarne indifferenti. Provare per credere.