SALOME’

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Certo che sono bella!
Sono giovane, le mie vesti sono raffinate e il mio corpo è perfetto.
Le gambe sono lunghe, ben tornite, quelle di una atleta, le mie spalle sono larghe e il mio portamento è regale (sono figlia di un re e di una regina) il mio ventre è piatto e il mio seno è ben fatto, notevole senza essere troppo pesante il mio sedere … bè è una meraviglia!
Mi piace guardarmi allo specchio, soprattutto quando ballo, vorrei che i miei movimenti fossero perfetti, sensuali e atletici allo stesso tempo. Ho fatto sistemare una stanza del castello con due grandi specchi, tappeti, ricchi cuscini e la sacerdotessa del tempio di Ishtar mi sta insegnando la danza dei setti veli.
Le sacerdotesse di Ishtar, la Dea dell’amore, ogni mattina la danzano per ricordare il viaggio che la loro Dea intraprende nel mondo di sotto per poter riportare in vita il suo amato consorte Tammuz.
Ishtar è dea dell’amore, della fertilità, ma anche una dea guerriera che non si ferma difronte a nulla. Nel cammino deve superare sette cancelli e per superarli dovrà togliersi un velo solo così avendo lasciato dietro di sé ogni indumento mondano potrà, completamente nuda, incontrare il suo uomo e salvarlo.
E’ un viaggio d’amore: anch’io lo farò se sarà necessario per il mio Amore!
La danza è cadenzata e ad ogni giro un colpo di tamburo richiede che io mi tolga un velo. La sacerdotessa dice che lo faccio con molta grazia e sensualità: è molto contenta di me! Dice che sarei un’ottima sacerdotessa di Ishtar.
Tra pochi giorni ci sarà a corte una grande feste e quella impicciona di mia madre ha raccontato a Erode della mia danza e il re vuole che la esegua dopo il banchetto. Certamente non resterò nuda per lui e i suoi ospiti ma sono lusingata che il re voglia vedermi ballare.
Sù orchestra, riproviamo ancora una volta tutta la danza, ho voglia di ballare ancora!
Cosa dovrò chiedere? (What I shall ask for?)
Ancora pochi minuti e toccherà a me, sento le voci e le urla provenire dalla festa. Come al solito sono tutti ubriachi e lo so che avrò addosso gli occhi di tutti quei vecchi e soprattutto di Erode, ma a me non importa: danzerò perché mi piace, danzerò per me, danzerò per la Dea Ishtar, danzerò per l’Amore.
Di colpo si fece silenzio e ad un cenno della sacerdotessa Salomè entrò nel salone alle prime note della piccola orchestra di cimbali, tamburi e fiati.
Ciò che si presentò a Salomè al primo colpo d’occhio fu qualcosa che andava al di là di quanto si era immaginata. I braceri, gli incensi, l’odore dei cibi, i volti accaldati ed ebbri, gli ori ed i tessuti preziosi sarebbero stati il palcoscenico della sua danza: Sentiva gli occhi di tutti i commensali puntati su di lei e in fondo alla sala, un po’ isolati dal resto degli invitati, sua madre e il tetrarca di Galilea, quasi abbracciati, ansiosi di ammirarla.
La situazione avrebbe intimorito chiunque ma Salomè si sentiva vestita dei setti veli, quasi una corazza, della dea guerriera che aveva sfidato gli inferi. Sette erano i colori dei veli: il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, il celeste, il lilla ed il bianco, a indicare i sette pianeti che con i loro influssi positivi e negativi influenzano la personalità di ogni essere vivente.
I suoi piedi scalzi amavano la morbida sensazione di camminare sui tappeti pregiati, lentamente, muovendosi in accordo con la musica e il battito dei tamburi guadagnò il centro della stanza e facendo un giro su se stessa, un passo di danza, si fermò guardando fissa la coppia regale.
Era pronta.
Mamma non ti deluderò!
Il suono delle cavigliere trasmetteva nell’aria ogni minimo movimento delle sue gambe affusolate e toccava i nervi tesi degli spettatori. Il Tetrarca inconsapevole muoveva impercettibilmente il suo corpo seguendo quel suono mentre i suoi occhi divenuti ardenti non si staccavano dal corpo di lei: era la Dea stessa che ballava usando il corpo di Salomè!
Via il primo velo, quindi il secondo e gli altri mentre la danza seguiva l’incalzare della musica che accelerava. Non solo Erode ma tutti i presenti ora non staccavano gli occhi da lei, rapiti dalle sue movenze mentre sua madre accennava un sorriso di soddisfazione.
Sua figlia aveva in pugno i convitati al banchetto e quindi lei, Erodiade, aveva in pugno Erode.
Salomè ripeteva i passi e i gesti provati cento volte ma la sua anima si cibava di ogni singola nota e il suo corpo vivabrava al suono delle percussioni, si trovava in un’altra dimensione, e la piccola dea della danza pregava Ishtar di infonderle tutta la sua potenza e la sua grazia.
Il corpo sinuoso della ragazza era sempre più visibile man mano che i veli cadevano, Salomè danzava come in trance, i suoi seni sussultavano, le sue anche sciolte promettevano delizie agli sguardi perversi dei presenti.
Il ritmo era divenuto pressoché insostenibile anche per la giovane ragazza e mancava solo l’ultimo velo quello che avrebbe messo fine alla danza.
Salome guardò dritta negli occhi la madre quando strappò il velo bianco e si accasciò esausta.
La musica cessò di colpo ed Erode, inebetito, si sentì vittima di un incantesimo incapace di staccare gli occhi dal corpo ansimante della piccola Salomè.
Il Tetrarca si sorprese quando sentì se stesso dire “Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò” e giurare “qualsiasi cosa, fosse anche la metà del mio regno”. Si guardò intorno e vide gli occhi di tutti puntati verso di lui, e resosi conto dell’enormità della promessa spaventato guardò la ragazza.
Gli sguardi di tutti si erano spostati su Salomè che cercava aiuto negli occhi della madre e una muta domanda pendeva dalle sue labbra: “cosa devo chiedergli?”
Tutti sappiamo come finì la vicenda.
Salomè aveva tutto ciò che potesse desiderare, e come spesso accade finché si è giovani, la sua anima non era ancora stata corrotta da avidità o desideri materiali ma amava sua madre e l’aveva sentita spesso gridare che avrebbe voluto avere la testa di quell’uomo che più volte aveva detto ad Erode che non era lecito per lui avere in moglie colei che era stata la moglie di suo fratello.
Non volendo nulla per sé ripeté ciò che sua madre le disse di richiedere: chiese su un vassoio d’argento la testa di Giovanni il Battista.
La danza d’amore si era trasformata in una danza di morte.
Quindi, sopraffatta dall’orrore di quanto aveva appena detto e resasi improvvisamente conto della sua nudità corse via.
Mc 6, 21-25
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Nella foto, l’opera in Alluminio stratificato, taglio al plasma, vernice acrilica di Heike Rose Schmidt-Pfeil
http://schmidt-pfeil.homepage.t-online.de

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