Siamo nel 2005 e il re del Druk Yul, piccolo paese himalayano (che per il resto del mondo si chiama Bhutan), decide di modernizzare la propria monarchia assoluta così l’anno successivo indice elezioni libere per il nuovo parlamento.
Parliamo del film “C’era una volta in Buthan” del regista Pawo Choyning Dorji, già noto per il suo film Lunana.
La storia parte nei gironi in cui il re, conscio del fatto che i propri sudditi non conoscono il significato di elezioni, invia emissari governativi nei diversi villaggi, per organizzare un'”elezione di prova” in cui si simulerà il voto. Si potrà scegliere tra il partito rosso ,blu o giallo.
La gente dei villaggi si chiede quale beneficio ci sia in votazioni, con candidati che si propongono l’uno contro l’altro,che portano inevitabilmente tensioni in una società buddista imperniata sul concetto di comunità unita.
Parallelamente un americano in cerca di un rarissimo fucile della guerra di indipendenza americana arriva nel paese per acquistare questo cimelio.
Non può sapere che il Lama capo della comunità dei villaggi vicini, appresa dalla radio la notizia delle elezioni, ordina al suo discepolo di trovargli un fucile perché, come egli stesso dice: “occorre mettere le cose a posto”.
La gente si chiede ripetutamente perché mai un monaco voglia un fucile …
Da qui si dipanano vicende semplici, quasi ingenue ma anche buffe ed ironiche che il registra Pawo Choyning Dorji aveva già dimostrato nella sua precedente opera “Lunana – il villaggio alla fine del mondo” di saper maneggiare sapientemente.
Ne viene fuori un film poetico con messaggi che provengono dalla saggezza antica di una terra mite dove la tradizione e la comunità valgono certamente più del singolo ma dove la violenza è quasi sconosciuta