L’UOMO CHE VEDEVA OLTRE L’ORIZZONTE

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La nuova stella favoriva il fluire dei ricordi quella notte e lo sciamano ricordava ora episodi della sua gioventù.

Amadou viveva ai margini del villaggio ed era considerato un uomo inoffensivo ma non adatto a nessun lavoro utile per il villaggio. Qualsiasi mansione venisse a lui affidata non si poteva sapere se e quando sarebbe stata portata a termine: ad un tratto la mente di Amadou si perdeva.

A volte l’uomo si fermava e rimaneva immobile seduto per ore nel punto in cui si trovava come chiamato dagli spiriti in un’altra dimensione finchè rientrato in sé semplicemente non ricordava cosa lui ci facesse in quel luogo.

Quando Idrissa era ragazzo Amadou era già avanti con gli anni e, libero da incarichi, spesso si recava al suo luogo di osservazione che era una roccia scura appena oltre l’ultima capanna del villaggio guardando verso il deserto un punto fisso davanti a lui.

Nessuno osava disturbare l’uomo assorto nella contemplazione di paesaggi fantastici che la sua mente, con il favore del caldo torrido, partoriva dal nulla. Più le giornate erano calde e più Amadou non abbandonava il suo posto di osservazione con la sua pelle bruciata dal sole e i suoi occhi ridotti a sottilissima fessura.

Amadou vedeva oltre l’orizzonte!

Egli non era nato nel villaggio ma un giorno vi era giunto. Tanti anni fa due cacciatori che si erano spinti verso nord increduli videro di primo mattino un punto che si muoveva in lontananza. Abituati a scrutare la minima traccia di una possibile preda guardarono meglio e man mano che il tempo passava fu chiaro a loro che la sagoma che si formava tra le nebbie tremolanti prodotte dal deserto che si stava surriscaldando era chiaramente quella di un uomo avvolto in lunghe vesti.

Grande fu la sorpresa dei due uomini. Nessuno, da quando da ragazzi avevano iniziato a cacciare era mai arrivato fin lì da nord, dal grande deserto, per di più a piedi!

Più l’uomo si avvicinava e più era chiaro che le sue condizioni erano pessime: le vesti erano completamente stracciate e quello che sembrava da lontano un turbante era un lungo drappo di stoffa strappata in molti punti che era stata avvolta alla bell’e meglio intorno al capo certamente per proteggersi dal sole. L’uomo incedeva barcollando e cambiando spesso direzione nel deserto pietroso ma ora puntava chiaramente verso di loro e compresero che l’uomo non rappresentava alcuna minaccia ma necessitava di aiuto. Gli corsero incontro.

La pelle era screpolata e bruciata, le labbra gonfie e tagliate in più punti lasciando scoperti i denti nello sforzo di respirare ancora quell’aria torrida che bruciava nei polmoni.

Arrivati a pochi passi dall’uomo questi si lascio cadere a terra chiudendo gli occhi per la luce accecante del sole e con un soffio di voce egli disse “Allah Akbar” e perse conoscenza.

I due amici raccontarono poi che dopo aver inumidito con una pezza bagnata il volto e le labbra dell’uomo decisero di trasportarlo velocemente al villaggio. Grande fu la loro sorpresa nel sollevarlo quando si accorsero che il fagotto di stoffe conteneva le ossa e ben poco d’altro e dubitarono che l’uomo potesse arrivare vivo al villaggio.

Fu ancora una volta il saggio Saidou a ricoverare l’uomo nella sua capanna e a prestargli le prime cure salvandogli la vita. Parecchi giorni dopo, ripresosi, l’uomo cercò faticosamente di spiegare al consiglio del villaggio che il suo nome era Amadou e sciorinò un racconto alquanto confuso di un viaggio interrotto da un assalto di predoni che lo avevano spogliato di ogni avere per lasciarlo vivo, in pieno deserto, ma senza più la sua cavalcatura.

Proveniva da qualche villaggio a nord del deserto, era musulmano ma non devoto anche se aveva ringraziato con tutto il cuore il suo Dio per essere stato salvato dai nostri valorosi uomini. Il suo racconto si era arrestato più volte per lunghe pause in cui i suoi occhi guardavano molto lontano oltre l’uditorio dei saggi del villaggio per poi riscuotersi e ripetere all’incirca lo stesso racconto di prima finchè il consiglio lo congedò e deliberò che Amadou sarebbe rimasto al villaggio sotto la tutela di Saidou.

I ragazzi sapevano che gli occhi del vecchio scrutavano una città fantastica oltre la linea dell’orizzonte percependone le strade, le case e perfino la vita dei suoi abitanti; così Idrissa e i suoi amici gli chiedevano: “Amadou cosa vedi laggiù? Che novità ci sono oggi nella città?”

A volte egli non rispondeva e i ragazzi dovevano accontentarsi di guardare le espressioni, a volte piene di sorpresa, a volte concentrate, a volte beate che scorrevano mutevoli sul suo viso come le nuvole che passano davanti al sole velandolo.

A volte però egli si voltava lentamente verso di loro e fattosi certo che c’erano solo i suoi amici ragazzi attorno a lui raccontava.

Un giorno, se lo ricordava come se fosse ora, Amadou raccontò …

“La città è bianca e magnifica, contornata da alte mura da cui svettano le torri dei grandi palazzi e i minareti delle sue moschee. Le mura contornano una grande collina nella cui roccia si aprono come in un alveare tanti buchi che sono le entrate delle case dei pastori. Oggi è giorno di festa nella città e ognuno dei suoi abitanti ha cercato di abbellire la propria dimora con dei panni colorati appesi a bastoni in segno di festa. Tutto è pronto per l’inizio delle celebrazioni e un gigantesco animale, grosso come tre di quelli che abbiamo noi qui, bianco, con le corna lunghe e aguzze è in attesa all’ombra con il grande carro sul quale saliranno i nobili e la Regina.”

“Dicci Amadou, quanto è bella la regina?” gli chiesero i ragazzi

Il vecchio si voltò verso di loro ma i suoi occhi guardavano un punto lontano e un sorriso simile a quello di un bambino felice attraversava il suo viso: “la regina è una giovane donna bellissima, ha gambe lunghe e potenti come quelle di una gazzella, i fianchi larghi e seni grossi.”

I ragazzi si scambiarono risolini e sguardi di furbesca intesa che l’uomo non raccolse e guardando sempre lontano continuò “Il volto è così bello che chiunque l’abbia visto una volta non può più scordarlo. I capelli intrecciati sono scuri come la notte più buia, la Regina ha la fronte spaziosa e sorride salutando dal carro la gente che fa ala al suo passaggio, ma la cosa più bella sono i suoi occhi neri come il fondo di un pozzo e grandi come quelli di una giovane antilope e brillano di gioia. La pelle è bianca come l’ha solo colei che è sempre difesa dai raggi del sole da mille parasoli”

I ragazzi lo guardavano rapiti e ognuno di loro provava ad immaginarsi cosa il vecchio vedeva.

“Amadou è innamorato della regina!” disse uno di noi e tutti risero. Correndo via a giocare, ripetemmo la frase cantilenandola e scandendola sempre più forte lasciando il vecchio a sognare ancora.

Bastava una semplice descrizione come questa e i ragazzi avrebbero giocato nel pomeriggio a raccontarsi tra loro ciò che ciascuno stava immaginando e spesso finivano per litigare se le descrizioni delle case, delle mura e delle torri differivano troppo tra loro.  Quel pomeriggio però l’oggetto del loro fantasticare fu solamente la Regina e molti di loro si sognarono principi al fianco di lei in un paese dove le case erano di pietra e si innalzavano verso il cielo e non di fango come le loro e gli animali da tiro erano tre volte i loro.

Un giorno il saggio Saidou aveva detto a noi ragazzi di non avere paura di Amadou e di rispettarlo.

Egli proveniva da molto lontano e la sua brutta avventura nel deserto doveva averlo segnato a tal punto che era inadatto a qualunque lavoro ma rappresentava un dono per il villaggio.

“Secondo la tradizione, gli uomini e le donne dalla mente semplice sono considerati il ponte tra gli uomini e gli Spiriti. Metà uomini e metà sciamani essi possono vedere luoghi e sentire voci che la gente del villaggio non è in grado di percepire”, così disse Saidou.

Solo alcuni anni dopo Idrissa capì cosa il vecchio sciamano voleva dire a loro bambini. I segnali che queste persone speciali captano sono come una musica molto molto tenue che la nostra mente sempre indaffarata ricopre con il frastuono dei pensieri che essa stessa continuamente produce impedendo alla musica di raggiungere la nostra coscienza.

Non sentiamo i segnali eppure esistono.

Come le cose oltre l’orizzonte esistono ma ci sono negate.

Come gli Spiriti esistono anche se i nostri sensi

non riescono a percepirli.

Solo chi vede oltre l’orizzonte riesce a sentirli può farcene dono

Nessuno seppe mai dire se quello che Amadou vedeva oltre la linea dove si ferma lo sguardo di noi uomini e donne comuni fosse il ricordo della sua vita precedente alla sua brutta avventura nel deserto oppure fosse suggerito a lui da una immaginazione straordinaria in grado di aggiungere giorno dopo giorno particolari, suoni e colori alle sue visioni rendendole per lui più vere della realtà.

La sua città era un sogno ad occhi aperti, ma anche un miraggio per chi ne è vittima; fintanto che esso sussiste ricopre la realtà. Amadou era come vittima di un miraggio perenne ma forse proprio per questo egli passò gli ultimi anni della sua vita in uno stato di felicità che pochi fra noi raggiungeranno mai.

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Tratto da: La sfera delle stelle fisse, acquistabile su Amazon

 

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