Il Museo Egizio di Torino ha raggiunto un traguardo storico: il bicentenario dalla sua fondazione nel 1824. Per celebrare l’evento, il museo (che è il più antico al mondo dedicato esclusivamente alla civiltà dell’antico Egitto) ha rinnovato parte dei suoi allestimenti, arricchendoli con nuove sale, nuove tecnologie, esposizioni tematiche e approcci innovativi anche alla narrazione storica, in modo da rendere l’esperienza ancora più coinvolgente e accessibile.
“Il bicentenario non è solo un’occasione per guardare al passato e celebrare la nostra storia” ha dichiarato il direttore del Museo, Christian Greco “ma è soprattutto un’opportunità per immaginarne il futuro. Vogliamo rendere il patrimonio culturale” ha aggiunto “sempre più fruibile attraverso nuove tecnologie e un dialogo costante con il pubblico.”
Tra le novità più significative spiccano l’allestimento della nuova galleria dedicata al Tempio di Ellesija, donato all’Italia negli anni ’60 in segno di gratitudine per il supporto nella salvaguardia dei monumenti nubiani minacciati dalla costruzione della diga di Assuan.
Un’altra innovazione riguarda la presentazione delle statue della collezione, recentemente sottoposte a un accurato processo di pulitura laser che ne ha rivelato dettagli straordinari. Le opere sono state posizionate a ridosso di pannelli di metallo che riflettono la loro imponenza in un gioco di luci ed ombre, creando una suggestiva interazione con l’ambiente circostante.
L’alluminio opaco è stato scelto come elemento centrale della nuova Galleria dallo studio di architettura olandese OMA, incaricato di ripensare l’esposizione insieme agli egittologi del museo. La luce, che ora può filtrare dai finestroni del palazzo seicentesco che ospita il museo e che il precedente allestimento di Ferretti aveva oscurato, si riflette sulle pareti insieme a quella prodotta dal nuovo sistema di illuminazione.
L’intento è quello di ricordare la luminosità abbacinante del sole africano negli ambienti esterni di un antico tempio egizio, ma la scelta potrebbe essere discutibile. Da una parte questo allestimento risulta decisamente migliore rispetto a quello precedente che oscurava volutamente l’ambiente, seguendo criteri che andavano di moda un po’ di anni fa (e che erano pertanto stati adottati da parecchi musei d’Europa), dall’altra però l’effetto finale risulta molto freddo. Personalmente ci ha ricordato più un ghiacciaio che un deserto. Inoltre il concetto stesso di lamiere metalliche riconduce più ad una memoria di fabbriche e cantieri che ad uno spazio museale.
Come fa notare anche Donatella D’angelo, esperta di Beni Culturali sul Fatto Quotidiano, l’atmosfera è glaciale e “nulla ha a che fare con il restauro filologico e funzionale”. Sempre stando alle sue parole “Il desiderio di stupire, stravolgere il patrimonio architettonico di Torino sembra aver preso il sopravvento affidando allestimenti e progetti a grandi architetti specie stranieri, che non sono intrisi del genius loci necessario per interpretare gli spazi evocativi ed iconici delle nostre architetture”.
“Abbiamo voluto dare un nuovo respiro alle statue, enfatizzandone il carattere sacro e monumentale” ha spiegato invece in tal senso Cristian Greco “Il metallo è stato scelto per dialogare con la storia: un materiale moderno che esalta le forme e crea un rapporto diretto tra l’opera e il visitatore. Un museo” inoltre non è solo un luogo dove conservare oggetti del passato, ma un laboratorio di idee, aperto al confronto e alla scoperta.”
Greco ha anche sottolineato l’importanza della tecnologia nel rendere queste opere più accessibili e comprensibili: “Oltre alla pulitura, le nuove etichette multilingue e i dispositivi interattivi permettono di approfondire la conoscenza di ogni statua, rendendo l’esperienza più immersiva e personale.”
Le nuove sale hanno di fatto ricevuto il plauso del ministro della cultura Alessandro Giuli e del presidente della repubblica Sergio Mattarella, in visita al museo per l’occasione. Quest’ultimo ha definito il Museo “un patrimonio inestimabile, simbolo della capacità dell’Italia di custodire e valorizzare le testimonianze della storia umana”.
Torino e il suo Museo Egizio guardano dunque al futuro, pronti a scrivere nuove pagine di una storia che continua ad affascinare il mondo intero. Ci sono piaciute, in tal senso, le esposizioni didattiche, quelle che affiancano ad esempio, gli oggetti di uso comune dell’epoca con quelli che usiamo noi oggi e che ci mostrano come la vita quotidiana non dovesse essere poi così diversa dalla nostra, almeno per le cose fondamentali come mangiare o preparare i pasti.
Abbiamo un solo rimpianto. Che non ci sia una sala, almeno una, che ricordi come fosse l’allestimento del Museo all’epoca della sua nascita, con le semplici teche in legno e vetro, tipiche dei musei ottocenteschi. E’ vero infatti che occorre guardare al futuro e rendere il museo quanto più aperto e inclusivo anche alle nuove generazioni, ma senza scordare il passato.